sabato 29 novembre 2008

Talvolta le chiamano fatalità

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Talvolta le chiamano fatalità quelle evenienze luttuose sbattute in prima pagina, quegli avvenimenti dolorosi che indignano i cittadini per qualche giorno e lasciano in eterno i familiari delle vittime soli con il loro dolore e senza nemmeno l’intima soddisfazione di vedere puniti i responsabili.

Già, i responsabili, in questo paese delle disgrazie sempre orfane, non esistono.
Le responsabilità sublimano all’accadere delle tragedie passando dallo stato di solida imperizia di specifiche persone all’aeriforme ed aleatoria condizione di fatalità cui non corrisponderanno mai elementi concreti di soggettive responsabilità.

Un giorno, facciamo gli scongiuri a che non accada mai, sarà così anche a Minturno, allorquando ci ritroveremo dinanzi ad una tragica evenienza nei pressi del liceo scientifico “Leon Battista Alberti”.

Sono anni che si attende la realizzazione di una stradina pedonale che colleghi in tutta sicurezza il liceo alla via Appia. Un’opera questa che richiede poche migliaia di Euro ma che non vede la via della realizzazione poiché qualche amministratore si ostina a tutelare i propri interessi clientelari.
Il resto degli amministratori è preso da altri interessi.

Emblematica è la situazione se si considera il fatto che l’argomento inerente la realizzazione di questo stradina pedonale fu portato in Consiglio comunale tre anni fa. Nella stessa seduta consiliare c’era un altro punto che premeva agli uomini di potere: la realizzazione del centro commerciale in località Fontana Perelli.

I percorsi amministrativi di questi due proposte hanno avuto iter burocratici diametralmente opposti, da una parte una solerzia inaudita ed una volontà di andare avanti nonostante i pareri negativi degli Uffici comunali competenti, dall’altra l’oblio.

L’Amministrazione ha così fatto una scelta e coloro i quali si sono adeguati ai dictat dei maggiorenti minturnesi si sono caricati, forse inconsapevolmente, di una responsabilità che, purtroppo, giammai potrà essere imputata in nessun tribunale di questa sgangherata Repubblica.

Eppure, se solo proviamo ad ipotizzare, alla luce di queste scelte, ciò che auspichiamo non debba mai accadere allora appaiono nitidi e chiari i contorni e gli ambiti di soggettive responsabilità.

Insomma, è possibile che a nessun amministratore è capitato di passare per via Santa Reparata negli orari di entrata e di uscita della scuola?

Non ha mai visto nessuno come giungono i ragazzi a scuola quando piove?

Nessuno si è accorto quali mortali pericoli corrono gli studenti costretti a passare tra le forche caudine di “strutture abusive”, destinati ad essere imbelli bersagli di secchiate d’acqua provenienti dalle auto che “sferzano” il pantano allagato e lasciati al loro destino dinanzi a profonde pozzanghere ed alle voragini dei tombini scoperchiati?
Nonostante tutto, oseranno chiamare fatalità quell’attimo funesto inaccettabile eppure ragionevolmente prevedibile.

A dispetto dell’intelligenza e della dignità del prossimo, si appelleranno all’ineluttabilità degli eventi luttuosi e si mostreranno in quell’occasione, che Iddio ci risparmi il verificarsi, i loro mesti volti, proferendo addolorati discorsi ed improvvisando meste melopee.

Intanto, loro, i cleptocrati, vanno avanti continuando ad agire secondo censurabili consuetudini ed autarchici coinvolgimenti etici.

Vanno sempre avanti costoro perché consapevoli depositari di singolari versatilità filosofiche ed di innata predisposizione all’adattamento evolutivo. Eccezionali doti queste, che permettono a questi individui di passare indenni attraverso tutte le evenienze, che pur frutto del libero arbitrio dell’uomo finiscono spesso per essere catalogate in quella consistente casistica di eventi che talvolta si ha l’ardire di chiamare fatalità.

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