mercoledì 17 dicembre 2008

Una data da ricordare

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Ci sono delle ricorrenze della nostra esistenza che non siamo soliti richiamare alla mente, così questi anniversari di eventi notevoli finiscono per essere rimossi oppure sono relegati in luoghi reconditi della nostra memoria. Basta, però, un particolare oppure un indizio coerente per ravvivare in noi la reminiscenza di episodi solo apparentemente dimenticati. Riviviamo allora le sensazioni di un’esperienza che parevano essersi dileguate nella nebbia del tempo passato e, inconsapevolmente, rielaboriamo quelle impressioni avvalendoci di nozioni e cognizioni, che, nel frattempo, sono divenute nostro patrimonio cioè saggezza ovvero sedime di informazioni e competenze acquisite nel vissuto.

Oggi ricorre il quarto anniversario di un incontro che mi ha segnato profondamente.

In quella occasione, per la prima volta, compresi che ero di fronte ad un bivio poiché capii finalmente, anzi ebbi chiara ed evidente consapevolezza di trovarmi in pessima compagnia.

Che il sottoscritto fosse un diverso, un alieno rispetto al resto della compagine lo avevo percepito già in precedenza da solo. Mi mancavano, però, alcuni elementi per avere un quadro completo ed intelligibile dello stato in cui mi trovavo. Avevo, inoltre, dei filtri mentali che non mi permettevano ancora di vagliare serenamente i fatti ed assegnare ruoli e responsabilità specifiche.

Maturai, in quella occasione la consapevolezza di dovermi battere contro l’entità, che per la prima volta si dimostrò in tutta chiarezza essere un sistema degenerato. I segni di tralignamento, se pur evidenti, visti col senno di poi, ancora non mi erano tutti chiari.

L’esperienza ed il tempo hanno dato ragione a quella scelta fondamentalmente istintiva di fiera ed ostinata avversione al dictat che, invece, i maggiorenti volevano che io accettassi remissivamente.

C’era poco da argomentare in quella occasione! Pur adducendo ragioni incontrovertibili, approvate alla fine anche dal funzionario, che era in realtà il latore negligente, poi diventato vittima consapevole del sistema, delle istanze di una degenerata fazione, capii che mi trovavo di fronte a decisioni prese in altra sede.

Il diciassette dicembre del duemilaquattro alla fine di un incontro concitato, al limite dello scontro fisico, inimmaginabile fino a qualche ora prima, fu presa la decisione sbagliata... nonostante tutto. Ciò, perché era tutto già deciso e stabilito in ogni particolare. Solo il sottoscritto, ingenuamente, pensava che quella fosse la sede nella quale si dovessero prendere delle risoluzioni.

Nonostante tutto non riuscivo a comprendere l’acredine di alcuni. Non riuscivo a comprendere il nesso tra la mia fiera avversione a certe scelte, che si sono rivelate scellerate e foriere di future disavventure, e gli attacchi e le invettive di qualche politicante improvvisamente esagitatosi.

Restai turbato di fronte ad accenni d’ira allora incomprensibili. Non capivo che cosa aveva a che fare la mia ritrosia a votare i debiti fuori bilancio con l’argomento di cui si stava trattando e comprendevo ancora meno la collera di qualcuno che cresceva di pari passo con la mia avversione ad avallare irragionevoli decisioni.

Al margine di quella concitata riunione il Sindaco di allora aprendo la portiera della sua macchina sgangherata predisse di lì a poco la mia fine politica. “Non se fà politica accussì, non hai capito un cazzo.” Ingranata la prima ed avviata lentamente la vettura soggiunse “I so trent’anni che sto accà, ne aggiu visti passà de strunzi comme a te.” e chiosò: “professorino de sto cazzo!”.

A parole sue, con le sue espressioni eleganti quale esimio accademico della “vrenna” (crusca in traettese), stava predicendomi la prematura fine politica, al pari di altri Consiglieri indisciplinati, di li a pochi mesi. Infatti, nell’aprile successivo erano previste le elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale.

Fortunatamente, tali previsioni erano sbagliate, fui il primo degli eletti in Alleanza Nazionale.

Anch’io predissi qualcosa, ma non ebbi il coraggio di dirglielo ad alta voce. Chissà se la mia predizione di quella sera avrà maggiore fortuna!

Abbozzai, feci qualche passo indietro, gli altri che avevano formato un crocchio a pochi metri di distanza si dissolsero al mio arrivo. Il segnale era chiaro.

Ci sono nozioni che si studiano e s’imparano grazie all’impegno ed alla razionalità ed altre cognizioni che si rielaborano con l’intuito, il buonsenso e l’istinto. Non si tratta di apprendimenti separati. Guai se ragionassimo solo d’istinto lasciando da parte la razionalità e la cultura, ma, nello stesso tempo, guai anche se dimenticassimo di dare ascolto alla nostra sensibilità ed agli impulsi naturali di ciascuno di noi.

Fu una lezione importantissima. Era il diciassette dicembre dell'anno duemilaquattro.

1 commenti:

Anonimo ha detto...
22 gennaio 2009 alle ore 18:53  

Fino a quando i Minturnesi non capiranno che la classe politica vuole veramente cambiare, la via d'uscita resta lontana.
Di questo purtroppo non si vedono segnali. E allora vai avanti cosi.
Vogliamo piu' notizie!...

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